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Posts tagged “buddha

Un nuovo amico

Chengdu, Sichuan, 2 mar 2011, giorno 50, ore 10:34, stazione degli autobus

Ieri sera qualcuno è entrato nella mia camera all’ostello. Io stavo leggendo un ebook sul computer nell’attesa di addormentarmi, “L’isola del tesoro”. Era buio in stanza, quindi mi sono alzato e ho detto al nuovo venuto che poteva accendere la luce. Lui non capiva. Una volta accesa la luce ho capito il perchè: era cinese. Dapprima mi ha studiato un attimo, con l’aria tipica di tutti gli asiatici che quando vedono uno straniero sembrano pensare “Ce provo o non ce provo?”. Ci ha provato. Mi ha chiesto da dove venissi. Italia. Tu?. Da un posto vicino a Shanghai. Gli ho chiesto allora se conoscesse l’Alice, la mia amica che abita là. No, non la conosceva. “Italy good football”, mi ha detto, e da qui abbiamo cominciato una lunga enumerazione di calciatori militanti nel campionato italiano. Toti, Depiero, Pihrhlo, Ibramovch e tanti altri. La sua conoscenza geografica del Belpaese era interamente dovuta al calcio. Milano, Roma, Bologna, Firenze, Catania, Napoli sì, Venezia e Modena no. Esse non giocano in serie A. Potere del pallone. Non era nemmeno riuscito a trovare Juventus. Torino, gli dico. No Juventus city, Torino. “Ahhhhhhhhhhhhh!”. A quel punto, forse felice di avere scoperto qualcosa, mi ha offerto uno snack. A malincuore ho sorriso e ho assaggiato una tavoletta rosa di materiale pressato e dal gusto a tratti dolce e a tratti amaro. Sorrido, ma proprio non rieswco ad andare oltre al primo morso. Il dialogo, “dialogo”, è andato avanti per una buona ora, e oggi sono qui alla stazione dei bus di Chengdu in attesa del bus per Longshan e lui è qui con me. Sì, perchè una volta capito che sarei andato laggiù mi ha chiesto se ci potevamo andare insieme. Io ho accettato e lui si è emozionato come uno scolaretto. “Picture! Picture! You, me, picture!”. Mi ha subito dato il suo numero di telefono e la sua mail. Quando arrivi a Shanghai, mi ha fatto capire, chiamami che giochiamo a “Soccer”. E’ un ragazzo gentile, ma le comunicazioni tra di noi sono difficoltose. più che altro parole isolate e tanto intuito. Però ci chiamiamo.Almeno credo.

Chengdu, Sichuan, ore 20:18, ostello

Quando ero a Wuhan una ragazza mi ha chiesto di farle una foto. Ci siamo messi un po’ a parlare e lei mi ha detto di essere di Beijing. Io le ho detto che sarei andato a Chengdu. Lei mi disse: “La Cina ha quattro stagioni. Chengdu ne ha solo una ed è bellissima”. Mai furono dette parole più vere. Questa città e questa regione mi piacciono tantissimo. Mentre il resto del mondo è al freddo, qui si sta bene con la giacchetta e in maniche corte, c’è il sole ed è sempre ventilato. Io e Xiao Xu (credo che si chiami così, ma per comodità lo chiamerò solo Xiao) oggi siamo stati a Leshan. E’ una cittadona sonnecchiante che si frappone all’incrocio fra il fiume Min e il fiume Dadu. Di per sè, forse non sarebbe nulla di speciale, ma appena fuori da questo complesso, a strapiombo sul fiume si erge il Buddha Gigante più grande del mondo. Con i suoi 71 metri di altezza, il Buddha di Leshan si è guadagnato il primato mondiale e anche un posto speciale fra i beni protetti dall’UNESCO. La leggenda dice che questa statua gigante è stata scolpita nella roccia da un monaco buddista di nome Haitong. Questo volenteroso signore ha iniziato a scolpire3 la roccia sperando che il futuro Buddha avrebbe calmato le acque tumultuose del fiume e le sue letali correnti. Il Buddha fu finito di scolpire novanta anni dopo la morte del monaco ed effettivamente le acque si rilassarono dopo il suo completamento. Gli abitanti del luogo sostengono che sia stato il Buddha a calmare il fiume, i geologi, invece, che tutta la petra estratta dal monte per la sua scultrua e rivarsatasi in acqua abbia modificato il letto e il comportamento delle acque del fiume. A chi credere scegliete voi.

Andare a Leshan con Xiao mi ha fatto capire quanto è bello essere un cinese in Cina. Se hai bisogno di qualche informazione, basta che ti guardi intorno e leggi i cartelli, i segnali, gli avvisi e quant’altro. Se ancora non hai quello che cerchi ti basta fermare qualcuno e parlargli. Lui ti capisce e tu capisci lui. Fantastico. Tutta questa facilità è per me un lontano ricordo. Io sono abituato a googlare quello che cerco, trovare il corrispettivo in cinese occidentale, farmelo tradurre in cinese classico da qualcuno e poi andare in giro con un foglietto ed un taccuino mostrandolo a tutti fino a che qualcuno non mi dice dove andare. E’ tutta un’altra musica.

La giornata è stata piacevole. Io e il mio socio non ci siamo ammazzati di chiacchiere, ma ci sono stati tanti bei momenti e tante fotografie. Il migliore è stato sicuramente la cena. Ritornati a Chengdu senza aver mangiato nulla durante tutto il giorno eravamo affamati. Lui mi ha portato in un localino sulla strada e ha ordianto per me dei noodles al manzo. E’ stato bello. io non sarei mai riuscito a fare un ordine del genere (poco piccanti mi raccomanso) e quando mi è arrivata la ciotola di noodles erano tutti lì ad aspettare di sapere se mi piacesse oppure no. E’ buono. Evvai. Una roba tipo l’uomo Del Monte ha detto sì. Fantastico. Non so domani cosa ci aspetterà; non so nemmeno se avrò ancora un socio nei miei spostamenti. Quello che però so per certo è che Chengdu e il Sichuan sono il posto più bello sotto al cielo di tutta la Cina. Altro che Guilin.

Vi lascio con una foto dei due pirla sotto al Buddha.

Leshan, Buddha gigante


Tre storie

1 LA CACCA

Nara, 29 gen 2011, giorno 18, ore 15:17, giardini pubblici

L’ostello di Kyoto è complessivamente un bell’ostello. Ubicato su cinque piani, ha due sale comuni, una cucina, una lavanderia, due bagni e una terrazza sul tetto da cui si gode una discreta vista sul fiume e sulla città. I letti sono comodi, le stanze calde e spaziose e gli ospiti che si fermano vengono da tutto il mondo. Una pacchia. Ha un solo grande difetto: i cessi sono gelati. Tutte le volte che devo andare in bagno mi vengono le paranoie al pensiero di sedermi su quella tazza. Ha una temperatura che rasenta lo zero assoluto. Il motivo di questa temperatura sta nel fatto che l’ambiente è situato al piano terra e qui è sempre tutto aperto. La porta d’ingresso non viene quasi mai chiusa, non so il perchè, e come se non bastasse, nonostante al suo interno sia presente un deodorante per ambienti formato stadio, l’abbaino che sta proprio sopra al water è sempre aperto. Per i primi giorni ho provato ad abituarmici, a tenere duro. La vita del viaggiatore ha anche questi lati oscuri, ma è stato inutile. Non riesco ad essere sereno con tutto quel freddo, non riesco a mettermi nelle condizioni di andare in bagno, così ho optato per un’altra soluzione.

A qualche centinaio di metri da questo ostello c’è una delle vie commerciali di Kyoto. Lungo questa via c’è il Takashiyama, un centro commerciale su sette piani. E’ dedicato quasi esclusivamente alle signore, e qui, al secondo piano, tra la boutique di Chanel e quella di Salvatore Ferragamo, c’è il mio tempio del piacere: la toilette. Ormai sono il Guru indiscusso di questo tempio perchè mi capita di andarci anche tre volte al giorno. Questi servizi igienici sono talmente futuristici da fare invidia a quelli della NASA. Tanto per cominciare sono grandi come camera mia, in più sono strutturati in modo da avere la stessa privacy che avresti in casa tua. Un connubio perfetto. Appena entrati si chiude la porta di legno e si scopre l’attaccapanni. Una volta spogliati (sì, io mi spoglio) ci si siede e si prova la magia. La tazza è riscaldata elettronicamente al punto giusto. Risacaldata! Come i sedili delle auto di lusso. Naturalmente prima di sedersi si spinge un bottone che pulisce e igienizza l’intero water. Una volta fatti i propri bisogni un altro pulsante accende il bidè, di modo che una volta usciti si è freschi come una pioggia estiva. La prima volta ci sono capitato per caso. Ero in giro e mi scappava e visto che in Giappone i bagni sono sempre lindi e puliti, un posto vale l’altro. Mai però avrei immaginato tanto. Quella volta ci sono stato tipo quaranta minuti. Non sopportavo l’idea di staccare il mio sederino da quel calore quasi materno. Adesso ci metto meno, sarà l’abitudine. Le commesse dei negozi ormai mi salutano. Non so che cosa pensino quando mi vedono, visto che entro nel loro centro commerciale almeno due volte al giorno e non compro mai nulla. Però quando esco sempre ringraziano. Prego!

2 L’ONSEN

Kyoto, 29 gen 2011, giorno 18, ore 17:59, Kyoto hostel

Quando ero in Turchia non sono stato dentro a un bagno turco. L’idea di stare nudo in mezzo ai turchi non mi entusiasmava, mi spaventava. L’equivalente giapponese del bagno turco è l’Onsen, una sorgente termale di acqua bollente che l’uomo ha imbrigliato per il suo piacere personale. Si dice che in Giappone ce ne siano più di 3000, più che in Islanda. Un Paese immerso nell’acqua calda. Tornando al mio proposito, la guida mi consigliava il Funaoka Onsen, uno degli onsen più antichi di tutta Kyoto. Trovarlo non è stato semplice, ma grazie all’aiuto di un paio di signore sono riuscito nell’intento. L’esterno non corrispondeva affatto all’idea che mi ero creato nella mia mente. Immaginavo un’idilliaca casetta di legno immersa nel verde, dove qua e là disseminate stavano sorgenti di acqua calda sgorganti dalle nude rocce, premurosamente indicate da spledide fanciulle sorridenti abbigliate con sontuosi kimono. Nulla di tutto questo: una casa vecchiotta schiacciata da palazzoni popolari in un quartiere alla periferia del centro di Kyoto. Nessuna insegna, nessuna indicazione particolare. L’ho riconosciuto solo perchè all’esterno, in un mare di ideogrammi, stavano i pochi numeri arabi che indicavano l’orario di apertura che mi indicava la guida. Un po’ scoraggiato decisi di entrare. Subito dopo la porta di ingresso mi viene chiesto di togliermi le scarpe, una cosa piuttosto comune qui in Giappone. Salito le scale mi ritrovo davanti una signora che avrà avuto mille anni seduta dietro al bancone della reception. Io la guardo e aspetto conforto. Lei mi guarda e non dice nulla. Io allora sorrido, lei non sorride. Io dico un timido “Onsen?” e lei mi indica col suo dito nodoso un cartello che dice 410. Era il prezzo d’entrata. Sempre più spaventato da questa grande impresa, pago e proseguo. Tutto intorno a me solo cartelli giapponesi, e visto che non sapevo cosa fare e dove farlo, decido di aspettare qualcuno che, a sua insaputa, mi avrebbe insegnato l’etichetta. Mentre aspetto qualcuno da copiare, mi domando se sono capitato in un bagno misto o separato. Nel caso di un bagno misto mi chiedo quale sia il comportamento appropriato in caso di erezione. Vergogna? Espulsione? Sorrisi divertiti? Mentre fantasticavo di harem e quant’altro arriva la mia vittima, che seguo e copio in tutto e per tutto. Si entra, si sceglie un armadietto, si estrae la cesta, la si riempie coi vestiti (tutti), la si rimette via, si prende la chiave e si entra. Eccomi qui, ho pensato, nudo come mamma mi ha fatto in mezzo a un sacco di…. Tralasciando per decenza quello che ogni uomo si sta chiedendo, mi guardo intorno. Uno stanzone con tante vasche interamente coperto da piastrelle celesti. Avete presente in Street Fighter la location dove si combatte contro Honda? Ecco, tipo così, solo con tante vasche da una parte e delle docce alte un metro dall’altra. Queste mini docce servono per lavarsi prima di entrare nelle vasche comuni. Ci si siede sotto e ci si lava per bene. Qui i giapponesi si sbizzarriscono: shampii, balsami, saponi profumati, spugne, olii. C’è chi si lava i denti, chi si fa la barba, chi si prepara per la serata. Una vera toletta pubblica. Io tutte queste cose non le sapevo, non avevo saponi con me, quindi fingo di lavarmi sotto alla doccia ed entro nella prima vasca. Una botta di piacere enorme. L’acqua calda al punto giusto, i brividini lungo la schiena e la totale rilassatezza del corpo. Un momento degno di un re. Nelle vasche successive la temperatura dell’acqua aumenta ancora. la seconda è ancora affrontabile, ma la terza è talmente calda che ci si potrebbe cuocere la pasta. Idem per le due saune. La prima si sopportava, ma la seconda dopo appena cinque secondi sono uscito e mi sembrava di avere fatto tutto il viaggio al centro della terra e ritorno. Ma nell’acqua si stava benissimo. C’era anche un idromassaggio dentro all aprima vasca e io mi ci sarò fermato tipo un ora. Nessuno avrebbe potuto muovermi da lì. Poi ho cominciato a vedere gente che entrava dentro a una porticina appannata che non avevo visto. Incuriosito mi alzo, li seguo e mi ritrovo all’aperto. C’erano pochissimi gradi, ma io non li sentivo anche se ero nudo. Alla mia sinistra stava incastonata nella roccia un’altra vasca, dal fondo di legno, con un rigagnolo d’acqua che vi si gettava da un tubo di bambù. Quello era il massimo. Appena mi sono immerso ho guardato verso il piccolo giardino che mi stava davanti e ho visto che nevicava. Leggermente e per pochi minuti, una spolveratina, ma che ha reso quel momento decisamente magico. Molto meno magico è stato quando ritornato nello spogliatoio nudo come un verme ho scoperto che gli asciugamani non erano offerti dalla casa. io non avevo nulla con me quindi mi sono dovuto asciugare con la maglietta accanto a un vecchio che mi guardava e scuoteva la testa. Finale a parte, una delle esperienze più belle di tutta la mia vita.

Adesso risponderò a qualche domanda. No, non ci sono busoni che ci provano con te. No, non mi sarebbe piaciuto che ci fossero. Sì, se sei l’unico europeo è probabile che il tuo pisello sia il più grande di tutto l’Onsen. Contenti?

3 QUEL TRENO PER NARA

Nara, 29 gen 2011, giorno 18, ore 13:21, tempio Todai-Ji

Da quando sono arrivato a Kyoto, tutti i viaggiatori che ho incontrato non hanno fatto altro che parlarmi di Nara. Nara di qua, Nara di là, vacci assolutamente, è bellissimo e così via. Oggi ci sono andato. Tutti mi dicevano anche che è facile da raggiungere, col treno ci si metteva pochissimo. Fiducioso e con belle aspettative nella sacca mi sono avviato verso questa città, già capitale stabile del Giappone prima di Tokyo e Kyoto. Arrivato al gabbiotto delle informazioni chiedo come raggiungere Nara. Facile, linea Kensei fino a Tofukuji, cambio, linea JR fino a Nara. A prova di stupido. Ero carico, mi ricordavo anche a memoria il nome della fermata, Tofukuji. Binario 2, arriva il treno e io salgo. Secondo le mie fonti, avrei dovuto metterci sei minuti per arrivare a Tofukuji. Dopo mezz’ora non ero ancora arrivato. Ho fermato il controllore e gli ho chiesto spiegazioni. Un controllore loquace, simpatico, ma dopo cinque minuti di discorso non avevo capito niente. Così l’ho fermato gli ho chiesto se l’avevo già passata. Lui mi ha detto di sì. Così scendo, torno a chiedere informazioni e mi viene indicato un altro treno. Dopo mezz’ora ero di nuovo al punto di partenza. Ci sono voluti altri due tentativi e un’altra ora ma dopo essere ritornato di nuovo al punto di partenza ho capito che il treno Express non ferma dappertutto, mentre il treno Local sì. Prendo il Local e dopo quaranta minuti sono a Nara. Appena sceso mi sento ancora di più in Giappone. Case antiche, poche vie commerciali, nemmeno un Mac Donald’s. Un bel posto davvero. Dopo qualche passo vedo un cervo impagliato in mezzo al marciapiede. Che brutto, ho pensato, proprio inappropriato. Poi quel cervo impagliato ha mosso prima le orecchie, poi ha cominciato a camminare. Non era impagliato. Era vivo! Ci sono rimasto male, devo ammetterlo. Il fatto è che a Nara i cervi sono dappertutto. Ce ne sono a decine e girano per la città come un qualsiasi turista. Non sono spaventati dall’uomo, anzi. Dei due sono gli uomini quelli spaventati perchè appena si compra qualcosa da mangiare in uno dei vari carretti sparsi per la città, ecco che quelli subito si avvicinano per farsi offrire un boccone. E non ti mollano finchè non gliene dai un po’. Qui ho visto il mio primo Buddha gigante. E’ situato in un tempio enorme, forse il più grande che abbia mai visto. In passato questo tempio aveva ai suoi fianchi due pagode gemelle alte più di cento metri, ma adesso non ci sono più. Appena si entra nel tempio si viene accolti da questo Buddha, che con i suoi otto metri di altezza ti guarda dall’alto e ti dona amore. Ci sono stato per un po’ a guardarlo. Mi sono chiesto quante facce abbia visto e quante ancora ne vedrà questo Buddha. Mi sono anche fatto fare una foto accanto a lui. E’ l’unica foto che ho di me, finora. Mi ha colpito davvero un sacco. Tornando sui miei passi ho anche ritrovato la voglia di scrivere. Forse, oltre che all’amore, questo Buddha mi ha regalato anche qualcos’altro.